Pensioni: i quarantenni di oggi andranno in pensione a 73 e con importi minimi

La Cgil ha annunciato che grazie alla Legge Fornero e non solo, i quarantenni di oggi, potrebbero andare in pensione una volta compiuti i 73 anni di età e con importi minimi.

La Cgil ha lanciato l’allarme dichiarando che i quarantenni di oggi rischiano di andare in pensione una volta compiuti i 73 anni di età e con importi molto bassi.

Questo a causa della legge Fornero e dei vincoli legislativi che legano l’età d’uscita dal mondo del lavoro all’aspettativa di vita e non permettono di staccare prima dei settant’anni al di sotto di un importo, pari a 687 euro.

Questi paletti diventano ancora più rigidi per coloro che svolgono attività lavorative discontinue, che vengono penalizzati ulteriormente.

Pensioni, ultime novità: i quarantenni di oggi andranno in pensione a 73 anni

Durante l’incontro con il titolo «Rivolti al Futuro», tenutosi venerdì 19 luglio 2019, nella sede del sindacato in corso d’Italia 25 a Roma, la Cgil ha dichiarato che la generazione dei quarantenni di oggi rischia di andare in pensione a 73 anni, con assegni miseri da circa 300-400 euro al mese.

Questo a causa della legge Fornero e dei vincoli legislativi che sembrano non favorire chi svolge attività lavorative saltuarie che non sono conciliabili con la pensione.

Ad esempio un lavoratore che ha iniziato nel 1996 facendo un part time, quando è scattato il contributivo al 100%, con un salario di 10.000 euro annui e uno stop di un anno per ogni tre continui, pur avendo iniziato a 24 anni non potrebbe uscire prima dei 73 anni.

O ancora per fare un altro esempio la colf che oggi ha 35 anni nel 2057 prenderà solo 265 euro, dopo ben 43 anni di lavoro.

Il Sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, sentendo queste considerazioni ha ammesso che è venuto il momento di una riforma complessiva della previdenza.

La soluzione proposta qualche anno fa

Due anni fa si era cercato di trovare una soluzione per garantire ai giovani una pensione con importi dignitosi.

La proposta era quella di introdurre nel sistema una pensione di garanzia per i giovani, in modo tale da porre rimedio a quella che per la Cgil è la falla del sistema contributivo.

Questa falla riguarda il fatto che a fronte di una pensione povera non è prevista un’integrazione al minimo, come nel regime retributivo, come ha spiegato l’esperto di welfare della Cgil, Enzo Cigna.

Al momento è fissato un minimo di 524 euro. Ma per chi è entrato nel mondo del lavoro dal 1996 in poi non è prevista nessuna compensazione.

Questo quindi impedisce ai giovani di vedersi erogare importi dignitosi sull’assegno previdenziale.(fonte:informazionefiscale.it)

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